
18 settembre 2021
LA SFIDA DI SEKEM. Un’iniziativa biodinamica cambia il volto del deserto egiziano.
Ibrahim Abouleisch era un uomo di pace ed è chiaramente venuto al mondo per realizzare l’ambizioso progetto di Sekem, pensato nel mondo spirituale e realizzato sulla Terra circondato da un gruppo di persone che lo hanno sostenuto e formato al meglio: nonni, genitori, ambiente più che favorevole, moglie, figli, conoscenze utili, tra cui tanti tedeschi e austriaci, che hanno esplicato il loro ruolo nel modo migliore.
Abouleisch era un uomo colto, che ha studiato in Austria chimica, farmacologia, filosofia, che ha sposato una bionda austriaca, che ha incontrato l’antroposofia per tornare, con tutti questi bagagli di stampo occidentale, nel suo amato Egitto e realizzare, contro ogni previsione, l’impossibile: un deserto fiorito, produttivo economicamente e sede di attività culturali.
Ha acquistato un terreno al confine tra i campi coltivati e il deserto, ha trovato l’acqua, ha cercato un’attività redditizia per finanziare gli inizi, mentre i campi venivano resi fertili con il compostaggio biodinamico, ha piantato alberi, creato aiuole fiorite, fatto venire bestiame ed animali domestici.
Ha creato associazioni di consumatori, produttori e distributori, basandole sulla trasparenza e la fiducia reciproca. Ha iniziato a coltivare cotone biodinamico e la sua esperienza ha convinto tanti altri produttori a non usare più concimi chimici. A causa di ciò ha ricevuto attacchi dai giornali e dalle moschee, ma anche a questo ha saputo fra fronte con una creatività non comune, forte di una profonda conoscenza del Corano.
Ha costruito case, scuole, centri di formazione professionale, una ditta farmaceutica di sostanze naturali, tra cui il vischio, un centro medico che non si limita a ricevere i pazienti, ma va nel territorio, per educare e prevenire, ha proseguito fino al sogno di creare un’università. Non si è mai stancato di informare, di cercare nuovi orizzonti, di creare nuovi mercati, il denaro era solo un mezzo, mai un fine. E non si è mai stancato di circondarsi del bello e della musica perché, come dice lui, la forza dell’arte trasmette speranza e coraggio, favorendo lo sviluppo umano tramite la bellezza.
La sua missione impossibile non si è fermata di fronte a nulla, né le difficoltà, né le contrarietà hanno avuto la meglio su di lui. L’amore per la Terra, che va arricchita e non impoverita e l’amore per gli uomini, che non vanno giudicati o giustificati supinamente, ma capiti e motivati, lo hanno reso saldo nei propri propositi.
Leggendo questo libro si resta colpiti da ciò che è riuscito a realizzare, ma ancor di più dal suo essere profondamente antroposofo, secondo le indicazioni di Rudolf Steiner: l’antroposofia non rende estraneo l’uomo al mondo, ma lo aiuta a intensificare la sua abilità nel mondo mediante il conferimento del suo significato più elevato.
È stato un uomo con forti ideali, grande entusiasmo e dedizione verso lo Spirito, che gli hanno permesso di operare, nel contesto in cui ha scelto di vivere, un ordine sociale fondato sui primi germi del Sé Spirituale.
Partendo da un reale e profondo interesse per gli esseri umani, diversi sono stati gli approcci rispetto al livello delle persone con cui ha voluto collaborare, dimostrando di saper cogliere in modo artistico la loro immagine più vera. Per chi ancora è nell’anima senziente, non è possibile pianificare, porsi obiettivi, analizzare, correggere e riflettere. Il loro concetto del tempo è molto diverso dal nostro, ma per queste persone, in genere molto disponibili ed affabili e che vivono in base alla percezione immediata e nel mondo del sentimento, è importante seguire un modello che agisce basandosi sulla moralità. Imitandolo, possono riuscire a cambiare dentro di sé e nel loro ambiente. Ibrahim vuol risvegliare in loro la capacità di meravigliarsi e di porsi delle domande, al fine di creare forme sociali concrete, perché la coscienza inizia a confrontarsi con qualcosa che prima non conosceva e che riguarda un rapporto reciproco basato sulla dignità umana.
Con gli uomini del deserto ha usato l’astuzia per impressionarli e di mostrarsi coraggioso, pur dando a loro una giusta remunerazione. I beduini, secondo lui, sono persone dure e furbe, chiuse in se stesse a causa dell’ambiente inospitale. Anche i loro bambini hanno difficoltà ad aprire la loro anima alla cultura e all’arte. Ma Ibrahim ha avuto molta fiducia nella forza di persuasione dell’amore e dell’attenzione.
Con tutti i collaboratori ha cercato un dialogo, fiducioso che i reciproci aspetti del Doppio possano essere superati da un reale interesse reciproco e dalla possibilità di dialogare; gli esempi, che ci commuovono per la loro genialità sono infiniti, da questo punto di vista il libro è una vera miniera d’oro.
A volte è stato raggirato, calunniato, osteggiato, ma non ha mai perso la fiducia nella sua visione, aiutato e sostenuto da incontri fondamentali, da persone che, come angeli custodi, si affiancavano a lui e collaboravano alla realizzazione del progetto.
A Sekem l’ambito giuridico, produttivo e culturale sono in un continuo rapporto di interazione. Alla fine di ogni settimana tutti i collaboratori si riuniscono in un grande cerchio, che comunica l’immagine dell’uguaglianza nell’ambito del rapporto sociale, e dialogano.
A questo proposito è stata fondata anche una cooperativa sociale, con assistenti sociali, psicologi e avvocati competenti, al fine di promuovere processi sociali e controllare le condizioni di lavoro. Per far fronte ai bisogni dei singoli è stato istituito un fondo sociale, al quale tutti i collaboratori versano un contributo mensile.
Ha cercato di realizzare la fratellanza nel processo economico e con esso ha finanziato la libertà nella cultura, che da sola non ha i mezzi per autosostenersi. Ha regolato i rapporti di diritto perché tutti fossero uguali nella loro dignità di uomini.
A fondamento di questo lavoro titanico c’è la convinzione che il mondo dello Spirito si rivela alle persone che si rendono disponibili a coglierne le ispirazioni attraverso il proprio lavoro spirituale e l’esercizio del pensiero. Ogni lavoro su se stesso è finalizzato alla creazione di comunità.
Pensando a lui mi vengono in mente gli Arabi combattuti dai Crociati, uomini illuminati, colti, compassionevoli, curiosi nei confronti del cristianesimo, di cui coglievano le immense potenzialità forse più di certi cristiani, ma indissolubilmente legati alla loro cultura mussulmana.
Lui stesso, nel suo libro, chiarisce che le letture di Steiner sul Vecchio e Nuovo Testamento non gli interessavano tanto nei contenuti, quanto nell’approccio nuovo e rivoluzionario dell’interpretazione religiosa che lui aveva provato poi ad applicare al Corano.
Ma è anche l’esempio vivente che, qualunque sia l’idea che uno ha del Cristo, Questi è venuto per tutti e ognuno può agire “cristianamente” se i suoi gesti sono atti d’amore verso l’umanità e verso la Terra. Ho letto con grande commozione che a Sekem i bambini copti puliscono la moschea e i bambini mussulmani costruiscono le croci per i copti.
Quest’uomo ci ha mostrato come offrire all’umanità un archetipo di ciò che è una vera comunità cristiana, ricordandoci che il futuro non verrà mai, se non viene preparato in tempo da uomini di buona volontà.
Concludo citando l’iscrizione che è sulla sua tomba, scritta da lui:
Quando morirò, o Signore,
tornerò da Te.
Seminai nel Tuo nome, e il raccolto viene da Te.
Io accesi questa candela, proteggi la sua luce dalle tenebre del mondo.
Fiammetta Galeazzi
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